lunedì 31 agosto 2015

The handmaid's tale - Il racconto dell'ancella

A tre anni dal mai dimenticato (se non altro da me) Snake Ropes di Jess Richards, decido che durante i miei giorni dublinesi mi dedicherò a Margaret Atwood, autrice che ne avrebbe influenzato la genesi. Angela Carter, altra scrittrice a cui la Richards è stata paragonata, non mi aveva affatto entusiasmata a causa del suo stile di scrittura barocco e per la caratterizzazione dei personaggi. Ma io non mi perdo d'animo e stabilisco che è arrivato il momento di affrontare la Atwood. Da "Chapters" trovo dunque The Handmaid's Tale, considerato uno dei suoi romanzi più importanti .

Mi aspettavo di ritrovare del realismo magico, un genere che vorrei approfondire e la ragione principale per cui ho interesse nel lavoro della Richards. Di realismo magico non si tratta. È un romanzo distopico, ambientato in un futuro dove gli Stati Uniti sono guidati da un governo teocratico che ha trascinato la nazione in un novello Medioevo, dividendo la società in caste. A causa di una qualche catastrofe nucleare si è raggiunta una situazione di crescita zero (ringrazio wikipedia per la terminologia) e le poche donne ancora in grado di concepire sono le cosiddette 'ancelle', al servizio delle famiglie più abbienti. E via con un discorso sul corpo femminile e il suo sfruttamento.

Discorso interessante, senza dubbio, specie per me che mi reputo femminista (leggi: sostengo l'utilizzo di trucchi e reggiseni, credo che uomini e donne debbano avere pari diritti; non sopporto veline o simili). La lettura scorre benissimo, specie per la narrazione in prima persona che catapulta subito nel mondo di Offred, la protagonista. Il mio unico problema con The Handmaid's Tale è che lo trovo poco... probabile. Forse è una mia ingenuità, ma non riesco a vedere un collegamento fra il mondo contemporaneo alla stesura dell'opera e la previsione di una società dove ogni famiglia ha un'ancella, la donne devono coprirsi fino ai piedi e non rivolgere la parola a nessuno. Non mi sembra qualcosa che potrebbe accadere domani, o che sarebbe potuta accadere (il romanzo è stato pubblicato nel 1985). Però, ho pensato, l'elemento della distopia potrebbe essere solo accessorio.

Ho apprezzato lo svelamento graduale di ciò che è successo alla protagonista, i dialoghi che sembrano quasi non pronunciati (significativa l'assenza di virgolette), quasi a voler rappresentare l'impossibilità di Offred di parlare, la negazione del diritto di espressione. Coinvolgenti, quasi poetici, i ricordi che affiorano a riprese, il suo dolore nel ricordare. L'immagine della figlia perduta, la sua incapacità di pronunciare e di rivelarne, a noi lettori, il nome.

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