venerdì 4 settembre 2015

La volta dell'Irlanda

2015: Estate Irlandese

Quali impressioni mi ha lasciato Dublino? È ancora una domanda difficile: è stato (sono stati... !), un viaggio atteso molto a lungo che ho amato. E, manco a dirlo, non è stato per niente come me lo aspettavo.

Quello che io mi aspettavo era di scorgere Eveline, Kathleen Kearney e Gabriel Conroy appena scesa dall'aereo; di fare la fila per l'autobus dietro a Leopold Bloom, di sedermi accanto a Stephen Dedalus...

Non è stato da subito così. I primi giorni, freddi e piovosi, non mi davano affatto l'impressione di essere nel mondo del mio caro James. Intorno a me vedevo di tutto e di più: i palazzi, i ponti sul Liffey, i musicisti nelle strade di Temple Bar, i pupazzetti a forma di lepricauno; la musica irlandese nei negozi, le belle strade del centro, la quiete di St. Stephen's Green, il tour dei vichinghi, i camion della Guinness. I fiori, bellissimi e colorati, nei vasi fuori dai pub, la gente che si ferma a bere all'uscita dal lavoro. Infine il vento, quel fastidiosissimo vento che mi accompagnava dappertutto. La città era bella ma ero leggermente delusa. Dov'erano tutti?

Poi sono arrivate la spiaggia di Sandycove e la Torre Martello, la meravigliosa Glendalough, la sensazione di viaggiare nel tempo visitando il castello di Trim. Il promontorio di Howth sotto la pioggerellina. Ho percepito la magia dell'Irlanda ancora prima di sentirmi parte della famiglia di Gente di Dublino. L'ho trovata nel verde di Glendalough, nei colori e nel silenzio del suo Upper Lake. L'idea che potesse apparire una fata o un lepricauno non sembrava remota. Ho percepito la magia nel pensare che Kevin avesse scelto quel luogo per il suo eremitaggio secoli e secoli fa.

Non so, invece, quale sia il momento esatto in cui sono finalmente riuscita a trovare l'anima di Joyce. Un'ipotesi probabile è la passeggiata sulle rocce di Sandycove, oppure quella sulla scogliera di Howth, con l'emozionante pensiero di starmi avvicinando a quel luogo, l'idea di essere finalmente lì che vinceva tutto, anche il freddo del pomeriggio. Forse è stata quando ho consolidato le abitudini della mia breve vita dublinese, la memorizzazione delle vie e delle direzioni. Quando mi hanno chiesto il motivo per cui desideravo tanto poter vedere l'Irlanda.

Tuttavia, a differenza del piccolo Chandler, Dublino mi ha coccolato. Sono stati dei bei giorni e questo, senza dubbio, mi ha distanziato dai personaggi joyciani. Non importa. Perché gli anni passano e io posso fare diversi viaggi, ma sono stata e sempre rimango il protagonista di Arabia. Lo sono stata in molte occasioni: a casa, a Londra, nel Devon. C'è sempre un momento in cui si fa sentire un sentimento di impotenza, una quieta rabbia soppressa, una punta di malinconia. L'ultima sera, seduta sul bus, come ho già raccontato, mi sono sentita completamente parte di quel mondo.

E in questi giorni, i giorni del ritorno che volano sempre, rileggo il Ritratto. È banale da dire, ma la menzione di luoghi dove si è già stati suscita quel misto di sorpresa, orgoglio, gelosia, un pizzico di nostalgia. Questa è la differenza. Per la prima volta, leggendo Joyce, sento di essere dublinese anch'io.

2 commenti:

  1. oh, Cristo. Cristo, Cristo, Cristo.
    Non so come altro commentare. Non è perché scrivi benissimo, che sono così stupita, oppure perché in ogni parola che hai scritto su questo blog hai messo qualcosa di te, di viscerale, di essenziale, di estremamente poetico. è che io ho la tua stessa passione per la letteratura, per Joyce, anche, forse non intensa quanto la tua, però capisco. Capisco quella sensazione di estraneità che hai provato all'inizio, vedendo Dublino e sperando che i personaggi dei racconti che ti erano cari ti si materializzassero davanti.
    Ho trascorso tre settimane nella campagna inglese, e non so, aspettavo così tanto che mi comparissero davanti i prsonaggi di Cime Tempestose, o di Jane Eyre. E poi un giorno, camminando nel parco che circondava il college, quasi un bosco, ecco che il richiamo di un uccello, semplicemente, mi ha fatta sentire parte di Cime Tempestose, della cupa disperazione di Heatcliff, della brughiera e della nebbia che avviluppa ogni cosa. E allora ti capisco, ecco, e quando vedròo l'America sarà la stessa cosa, così come quando ho visto Londra cercavo i Beatles in mezzo a Kings road (o Street? chi se lo ricorda) e ho aspettato Victor Hugo, davanti a casa sua, a parigi.
    è un commento allucinato, temo, sono facilmente suggestionabile e non so scrivere bene come te. Però grazie per il tuo blog e per questo post, in particolare.
    SPassa da me, se ti va, ma soprattutto scrivi qui, che ho bisogno di leggere le tue parole, che sento anche un po' mie

    Baci
    Minerva

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    1. Cara Minerva,
      grazie per le tue meravigliose parole e per avermi raccontato la tua esperienza. Visitare i luoghi di cui abbiamo letto può essere così difficile!
      Sei la prima a commentare qui: ancora non ho detto a nessuno del mio blog, sia per paura di mancanza di interesse che per paura di "svelarmi" troppo. E ora noi non ci conosciamo, e sapere che le mie parole ti hanno toccata è davvero bello. Un vero incoraggiamento :-)
      Un bacio anche a te
      Ludo

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