lunedì 20 luglio 2015

Di quando si oltrepassano i limiti

Caro Charlie,

io non credo di averti mai contestato niente. Ci conosciamo da sette lunghi anni e ti ho sempre difeso. Non me la sono presa con te per il cambio di finale in Grandi Speranze, ma con l'idiota che te lo ha suggerito, immaginando che ti stesse puntando una pistola alla tempia. Ti ho perdonato per l'esigua lunghezza del Circolo Pickwick (mille pagine e non diecimila, pigrone), pensando che forse all'epoca volessi dedicarti anche ad altro. Ho accettato con serenità il fatto che il dialogo finale tra Fagin e Oliver sia meno emozionante rispetto al film (del 2005, eh, quello del 2005) e mi sono detta che quando lo hai scritto non avevi nemmeno trent'anni: ti ci sarebbe voluto ancora tempo per affrontare certe situazioni con più di maturità. Cosa che poi hai fatto.

Sono andata avanti, e le cose belle erano talmente tante di più rispetto a quelle brutte che ti ho fatto passare tutto. Anche le descrizioni inutili in Barnaby Rudge (che ti era preso??). O il tono leggermente melodrammatico di Racconto di Due Città. Gioivo per Pip, Sam Weller, Martin Chuzzlewit e Mark Tapley, mi emozionavo ogni vigilia di Natale per il destino roseo del piccolo Tim... e la morte di Richard in Casa Desolata è ancora un tasto dolente. Tuttavia, ho voluto capire le tue motivazioni: volevi mostrare come il caso in tribunale stesse logorando la sua vita. E mi sono fatta forza.

Tanto sono andata in brodo di giuggiole per le tue storie di fantasmi, per tutti i personaggi del Nostro Comune Amico (a parte Eugene Wrayburn. Di lui non mi importa), per la forza di Amy Dorrit o per le disavventure di Daniel Quilp e Dick Swiveller quanto David Copperfield, il romanzo che tu hai detto essere il tuo più autobiografico e rappresentativo, mi ha lasciata fredda. Non mi sono affranta eccessivamente e mi sono detta che forse lo rileggerò tra vent'anni e cambierò idea.

Non ho nemmeno battuto ciglio di fronte all'inettitudine di Arthur Clennam, perché mi sono detta che se tu avevi deciso di tratteggiare così quel personaggio avrai di certo avuto i tuoi buoni motivi.

Eppure ora, dopo sette anni di amicizia e la lettura di tutti i tuoi romanzi, te lo devo proprio dire.
La morte di Smike in Nicholas Nickleby mi fa venire voglia di mandarti a quel paese.

Per sempre tua <3
Ludo

P.S. Sul serio, quanto ti costava trovargli una ragazza e farlo vivere felice?!

Nessun commento:

Posta un commento