venerdì 15 maggio 2015

Wilhelm Meister - Gli anni dell'apprendistato

AVVERTENZA
Questa recensione risale ad anni fa, quando ho dovuto leggere per la scuola 'Wilhelm Meister, gli anni dell'apprendistato'. Il libro mi è stato presentato come capolavoro del romanzo di formazione e opera ricca di spunti filosofici.

Il romanzo ha come protagonista Wilhelm, un giovane che potrebbe sembrare come tutti gli altri, se non fosse per la sua straordinaria capacità di iniziare un discorso e portarlo avanti per un minimo di due pagine senza fermarsi un attimo, nemmeno quando chi dovrebbe ascoltarlo si è profondamente addormentato (cosa che effettivamente succede!).

La grande passione di Wilhelm è il teatro. Perciò, fin da piccolo si è dedicato a riflessioni del tipo: il teatro, cos'è? Chi è l'attore? Che cosa può effettivamente esprimere un attore di un personaggio? E altri ragionamenti analoghi su cui, si sa, ogni bambino di dieci anni passa intere giornate a meditare.

Il buon Wilhelm ha una storia d'amore con una giovane attrice della durata di qualche settimana, forse addirittura un mese. Convinto di aver trovato l'amore vero, quando viene a sapere del tradimento di lei gli crolla il mondo addosso. La cosa lo sciocca a tal punto da non dedicarsi più al teatro per mettersi invece a lavorare. E forse ciò è anche un bene, in quanto si pensa che possa finalmente rendersi utile in qualcosa. Dopo qualche tempo, l'affranto giovane parte per affari e decide di non tornare più a casa. La cosa ancora più curiosa è che nessun membro della sua famiglia si disturba a chiedere sue notizie o quando si farà vedere di nuovo.
Vabbè.
A questo punto il nostro eroe incontra un ragazzo, Laertes, e una ragazza, Philine. In teoria ne conosce anche un altro, di ragazzo, Friederich; tuttavia, l'autore si dimentica di parlarcene. Si viene a sapere dell'esistenza di questo povero diavolo solo perché, all'improvviso, tutti si ricordano di lui e nessuno sa dove sia finito. Non sto scherzando.
Dopo dieci minuti buoni di ricerche frenetiche all'interno del libro, meditazione e parecchio intuito, si arriva alla conclusione che Friederich sia stato sempre lì, senza bisogno di essere menzionato. Però a un certo punto si è stancato di essere dato per scontato e se n'è andato, soprattutto per togliersi di torno il logorroico Wilhelm.

Intanto, il danno è fatto: il protagonista ritorna a fare teatro. Dopo pagine e pagine e pagine di interminabili tirate su tematiche come il teatro, il teatro, la morale, il teatro eccetera, a qualcuno verrebbe da pensare che, in fin dei conti, questo sia un ragazzo intelligente e profondo. Invece si innamora di tre o quattro ragazze per capitolo, solo per la loro bellezza.

La narrazione procede ulteriormente a furia di discorsi tediosi, paranoie mentali di Wilhelm, spettacoli teatrali e descrizioni superflue. Mai riusciamo ad avvicinarci veramente al protagonista: mai lo sentiamo vicino a noi o veniamo travolti dalla storia.

Wilhelm è antipatico e menefreghista. L'unica cosa che gli riesce bene è fare la vittima per i tradimento della fidanzata. Per anni INTERI. Ma un bel giorno, mosso da un'improvvisa ondata di buoni sentimenti, decide di adottare una bambina orfana, la piccola Mignon. Il giorno successivo già non la considera più e si giustifica pure da solo, dicendosi che è ancora giovane e non capisce come agire.

Una sera, Wilhelm va a dormire e trova nel suo letto una donna. È buio e non la vede bene, quindi non ha idea di chi sia. Dopo una bella nottata d'amore con questa sconosciuta, il mattino dopo si sveglia solo. E passa i mesi successivi a chiedersi chi fosse.
Questo episodio non è importante per quanto riguarda la trama, ma ci tenevo a ricordarlo per il suo realismo.

Dopo un tale delirio (perché di delirio si tratta), si arriva a un punto: bisogna sorbirsi ottanta pagine di resoconto della vita di un personaggio morto da tempo, che non avevamo mai incontrato prima. Questa donna modesta si firma come “Anima Bella”. La sua storia è semplice: un giorno aveva scoperto di essere molto religiosa. Punto. Ma non si era fatta suora. Non era partita per delle missioni di carità. Non si era sposata. Non aveva fatto un bel niente. Era rimasta lì, a bearsi delle sue virtù e a scrivere le sue memorie, con cui poi ci avrebbe poi tediato.
Alla fine di questa parte, pensavo seriamente che l'autore mi stesse prendendo in giro.

Quando il libro si avvia alla conclusione (circa duecento pagine prima della tanto attesa parola FINE), la storia prende una piega fantasy. Wilhelm scopre che un'associazione di persone lo ha seguito per anni e annotato tutto ciò che faceva. Così, senza un motivo!
Ora, io non sono vissuta nel diciottesimo o nel diciannovesimo secolo, ma credo che, in qualsiasi epoca, se qualcuno scopre di essere stato pedinato per anni interi da perfetti sconosciuti, come minimo monti su tutte le furie ed esiga delle spiegazioni. Ma tutto questo non accade all'impassibile Wilhelm! La notizia non lo sconvolge, non lo turba. Anzi, sembra quasi fargli piacere. Come se niente fosse, più felice che mai, proclama terminato il proprio apprendistato. E tutti ridono felici insieme, come in una pubblicità Mulino Bianco (n.b. rivedendo questa recensione nel 2015, direi piuttosto come in una pubblicità Findus 'Il sapore della vita').
Al che ho accettato ogni altro avvenimento della storia senza discutere, perché mi sono resa conto che sarebbe stato inutile.

Wilhelm scopre di avere un figlio, ormai bambino (e la madre era l'attrice che in realtà NON l'aveva tradito) e gli si incolla subito, senza avere occhi per nessun altro. La povera Mignon allora sta malissimo nel vedere che una delle poche persone a cui si sia mai affezionata non si occupa più di lei (non che lo avesse mai fatto, eh, ma a lei sembrava di sì).

A questo punto, Wilhelm comincia a incontrare sul suo cammino esclusivamente persone che hanno una qualche parentela con lui o con l'"Anima bella"; oppure, si imbatte in gentiluomini che avevano acquistato le opere d'arte del suo defunto nonno. Con una serie di coincidenze così straordinarie che avrebbero fatto impallidire Charles Dickens in persona, i personaggi spuntano fuori uno dopo l'altro come funghi, quasi come se l'autore avesse trovato un modo straordinariamente facile per chiudere la storia. Dopo l'ultima sensazionale rivelazione (un conte arrivato dall'Italia e incontrato per puro caso è lo zio di Mignon, ma guarda), Wilhelm viene a sapere che la donna che ha intenzione di sposare si sposerà invece con un altro. Quelle sorprese che, di solito, non accogli con gioia. Ma Wilhelm è superiore a tutto ciò. Senza fare una piega, chiede a una sua amica di sposarlo e il problema è subito risolto. Facile. E quindi, cosa importa se la povera Mignon muore di dolore?
Proprio niente. Al termine della storia, troviamo Wilhelm felice e contento, nonostante la morte di colei che gli aveva portato la colazione a letto per mesi.

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